sabato 26 dicembre 2009

VIAGGI IMMOBILI


Il libro è il treno di chi non parte mai.

POSSIBILI USI DELL'INFLUENZA A

Ci sono giorni in cui non avresti voglia di fingere nemmeno una pettinatura, e invece, quell'abbozzo d'individuo maltonso che eviti ad ogni scavalcamento di marciapiede ti viene incontro con la mano destra tesa, sudaticcia.
Ha nel volto i tratti abitudinari dell'accattone, le sopracciglia adagiate sullo scavo della finzione, le labbra stirate in un sorriso pendulo. Pare appena uscito dalla sesta bolgia dell'Inferno dantesco, quella degli ipocriti: piegato sotto una cappa di piombo dorata.
Non hai scampo: un'auto con una ruota sul marciapiede ti impedisce la fuga, una mamma accucciata su un bambino in lacrime ti taglia la ritirata.
Devi rispondere a quel saluto.
In uno scatto, l'invenzione.
"Di questi tempi, niente effusioni. Sa, l'influenza A!".
Ecco, a qualcosa è servito, il maledetto virus.

sabato 12 dicembre 2009

MA COS'E' QUEST'INFLUENZA?

L'Influenza A era stata presentata come la Pandemia del secolo, e l'attendevamo con la serenità d'animo dei milanesi dinanzi alla peste che nei Promessi Sposi bussava alle porte della città.
Abbiamo fatto incetta di antivirali, mentre il governo commissionava alle multinazionali farmaceutiche milioni di dosi di un vaccino da distribuire prima ai medici ed ai poliziotti poi ai soggetti a rischio e infine a tutti coloro che tra un'età ed un'altra avessero deciso di sottoporsi al marchio.
Ma i medici, in gran parte, non si sono sottoposti al quasi obbligo del vaccino, e nulla si sa dei poliziotti, o dei carabinieri.
In Sicilia, con prussiana determinazione, si è ordinato di rivolgersi ai medici di famiglia ed ai pediatri che a loro volta consigliavano o sconsigliavano il marchio, per via della presenza di Squalene nel vaccino e delle eventuali complicanze neurologiche, e nella migliore o peggiore delle ipotesi indirizzavano i pazienti ai centri di vaccinazione: prima pieni come un centro commerciale nel giorno dell'inaugurazione poi desolatamente vuoti come alla presentazione di un libro di un critico letterario che non cito.
L'Influenza A, che da mesi infettava delicatamente la popolazione, si è a questo punto diffusa senza alcun freno inibitorio, e la stessa nozione di rischio è mutata, insieme a quella dei soggetti titolari del rischio medesimo.
La programmazione della vaccinazione, così farseggiando, è scivolata in avanti.
All'inizio di questa costosissima commedia, il picco della malattia era stato annunciato tra novembre e Natale, e i soggetti a rischio - s'era detto, con malcelato disprezzo della logica - sarebbero stati marchiati non prima di gennaio.
Poi, le dosi avanzate hanno abbondantemente superato il previsto, e dunque - a questo punto è solo un si dice senza alcuna conferma ufficiale - tutti quanti potranno richiedere d'esser vaccinati, e in qualsiasi momento essi preferiranno.
L'Influenza A, si è anche scoperto, non fa male: è un taxi che al momento trasporta un passeggero di buon carattere, un taxi veloce, che non bara sul percorso e sul tassametro.
Il virus, però, potrebbe mutare.
In genere, dicono i soliti esperti, le mutazioni abbattono la pericolosità del virus primario. Ma non è detto che una mutazione x non smentisca le statistiche, sicché, un giorno, su quel taxi potrebbe salire un passeggero malintenzionato, e chiedere d'esser condotto ovunque, in un batter d'occhio.
Il bello è che non ce accorgeremmo in tempo. I tamponi e le analisi sugli infetti si fanno solo a campione. E i vaccini avanzati, accumulati a milioni di dosi nei centri di vaccinazione, sarebbero ancor meno utili di quanto non si siano rivelati finora.
E allora, ricapitolando: l'influenza A, così com'è, non fa male; i vaccini sono stati solo un grande spreco di danaro pubblico; se l'influenza A dovesse far male, servirebbero altri vaccini.
Non ci avete capito niente? Vi pare ridicolo, tutto questo?
E' la Sanità, Bellezza.
Ci sarebbe anche da dire dei dirigenti che a più riprese mi hanno detto: "Guardi che se Lei dice così, si crea il panico... Non è sbagliato, ma insomma... Non so che dirle, io rispondo agli ordini... Lei, piuttosto, dovrebbe dire...".
Ci sarebbe da dire che noi giornalisti avremmo dovuto insorgere contro questa commedia.

venerdì 11 dicembre 2009

RACCONTARE LA MAFIA

Ieri sera, a Palermo, nel corso di un dibattito, qualcuno ha sostenuto che non si debba parlar di mafia, nei film, nelle fiction, nei libri, perché così si rafforza la mafia medesima.
Ho risposto che in Sicilia possiamo raccontare la Sicilia.
La Sicilia è modernità, multiculturalismo; è anche mito e storia.
Possiamo raccontare, in Sicilia e attraverso la Sicilia, il mondo intero.
C'è anche la mafia. E non solo c'è ancora, in Sicilia, ma è così diffusa da controllare intere porzioni del nostro territorio, ed è così crudele che il mondo resta a bocca aperta, dinanzi all'efferatezza dei suoi crimini.
La mafia è così crudele da farsi naturalmente oggetto privilegiato di narrazione.
Eros e Thanatos, ricordate?
La mafia, però, è così difficile da raccontare, che tutto ciò che di recente l'ha rappresentata (su libri e piccoli e grandi schermi), è o comico o osceno.
Dire che la mafia non va più raccontata, è solo una scusa.
La mafia - quella vera, quella dei giorni nostri, quella dello Zen 2, di Brancaccio, del Capo o di certi paesi della provincia - è così difficile da raccontare, che servirebbero il coraggio e il talento di un grande autore.
Per raccontare la mafia, occorre rischiare il capolavoro.

SON TORNATI I CANNIBALI

Sono tempi duri, e ciascuno vive a modo suo la paura del futuro.
Al mattino, vedo di frequente un tizio che in tv che dà del manganellatore agli altri ospiti di una nota trasmissione, e si vede che vorrebbe mangiarseli, gli interlocutori che non la pensano come lui. Non in senso figurato, io sospetto.
L'uomo, emotivamente scosso, sostiene che viviamo in un Regime. Lo dice con il volto teso allo spasimo, i muscoli tremanti, costretti - da uno sforzo disumano - ad una simulazione di calma, di ragionamento.
Mi chiedo se dietro quella sua ossessione - per "Il Regime", in apparenza - non si nasconda una tentazione di tornare al Cannibalismo, ad un mondo in cui il dialogo sia sostituito da un gran pasto rituale.
Quel pasto tragico che sconvolse l'Italia negli anni Settanta e che chiamammo Terrorismo.

mercoledì 2 dicembre 2009

UOMINI IN VENDITA

Il punto è: come si cambia? Meglio: cosa si perde, e cosa si guadagna?
Da ragazzino pensavo: perché quei due litigano? Come mai non riescono a trovare un accordo?
Poi, più adulto: come mai uno muore per difendere un'idea? Cosa conta, un'idea, di fronte alla vita?
E infine, a metà del cammino tra allora ed oggi, tra l'entusiasmo perso e la chiarezza guadagnata, ho pensato: come ci si può vendere, a qualcuno, per qualcosa?
Ora che penso di avere le risposte a tutte quelle domande, rimpiango di non avere altre domande da lasciar senza risposte.

martedì 1 dicembre 2009

GLI EDITORIALI DEL TRUCIDO

Negli anni Settanta, si narra, all'interno di Potere Operaio si discuteva se la fellatio fosse di destra o di sinistra, e si racconta che un famoso conduttore televisivo passato per quelle file, avesse delle posizioni impopolari, al riguardo.
Ora, certe inchieste e certi editoriali, che potrebbero benissimo esser firmati da altri eroi degli anni Settanta - "Er Trucido", "Er Monnezza"-, raccontano delle abitudini private dei politici, delle loro frequentazioni.
Diventa notizia perfino il tentativo, da parte di un ricattatore, di vendere quello che forse non c'è, un video hard: tentativo che pure nell'atto mancato (il non esserci, per l'appunto), raggiunge parzialmente il suo obiettivo: il massacro dell'immagine pubblica di una persona (sul soldo, passim: magari il ricattatore avrà comunque il suo).
Segno, il lapsus, del sonno della ragione.
E' tempo di ricatti e ricattatori, il nostro. Forse funzionano delle autentiche centrali del ricatto trash. E il giornalismo, di frequente, rischia di fare da megafono. Non stiamo parlando dello scandalo Profumo. E noi, tutto siamo fuorché inglesi.