mercoledì 29 luglio 2009

GIORNALISTA E SCRITTORE

Il giornalista racconta di quel poco che ha capito. Lo scrittore di quel molto che gli è incomprensibile.
Il giornalista ha il dovere di esporsi, di raccontare dopo i suoi molti sforzi - e onesti, si presume - di ricostruzione della realtà, e la realtà, sovente, si presenta frammentata, ed equivoca. Ma di un solo fatto occupandosi, egli può dire ad altri ciò che presume sia accaduto.
Per uno scrittore, è la realtà intera che va ricostruita, e non un singolo frammento, e l'equivoco è la ragione stessa del racconto, e non il pericolo da schivare.
Io posso scrivere del mio tempo da giornalista e da scrittore, e in un caso e nell'altro, muterò non solo il contenuto ma, persino, ed è questo l'apparente paradosso, il mio punto di vista.
Il giornalista è circospetto, sa di aver dietro delle persone che dipendono dal suo giudizio immediato, e nella folla che circonda il fatto e i suoi protagonisti, esprime un'opinione.
Lo scrittore supera le frontiere, s'inoltra in territori ad egli stesso sconosciuti, non vuol mettere pietre miliari e soprattutto, non si guarda mai indietro.
Limitatamente ai giornalisti. Ci si occupa troppo della cosiddetta indefinibile libertà di stampa e troppo poco della conoscenza che occorre al giornalista per esercitare la suddetta libertà. Si chiede al giornalista, in altre parole, di maneggiare strumenti complessi su una realtà che potrebbe non conoscere. Libero è chi sa, anzitutto. E chi non sa è sempre e in ogni caso schiavo.

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