martedì 12 febbraio 2008

IL DIAVOLO NEGLI SLOGAN

Non si può dire di molto, di questi tempi. Non degli argomenti più in voga, non dei più curiosi.
Lo fanno in tanti ed è come aggiungere dell'acqua al mare.
C'è un eccesso di opinioni, e nuotare controcorrente è davvero difficile.
Così, non resta che occuparsi dei dettagli, in cerca del diavolo che vi si nasconde.
Le elezioni, ad esempio.
La sloganistica lascia filtrare alcuni degli orrori che presumibilmente ci attendono, al chiuso delle camere votanti. I creativi, che svolgono adesso il compito che un tempo fu dei retori, mostrano segni d'afasia.
In uno dei primi manifesti di questa tripla campagna elettorale, ho letto di qualcuno che si dice "per il fare". E aggiunge: "Non amo la retorica". O meglio: gli fanno aggiungere, in un carattere più piccolo dello slogan principale, e in un colore biancastro, un po' sbiadito. Quasi un "a parte". Di un'ottava più basso rispetto alla battuta rivolta all'interlocutore. Ammiccante. E timido.
Ma come si fa a dire: non amo la retorica? E' come, dinanzi all'obiettivo, proclamare: detesto le telecamere.
Retorica è ciò che consente di mostrare in una buona luce le proprie buone idee.
E' politica.
Tra le tante forme di retorica, al contario, la più abusata, negli ultimi anni, è proprio quella del Fare.
Se non altro, per l'evidente sproporzione tra i Fatti maiuscoli che ci attenderemmo e i minuscoli che sollevano la nostra indignazione.
Detesto i moralismi, e ancora di più, quest'omeopatica applicazione di moralismo al moralismo di Caste e Bacchettoni. In attesa di una guarigione impossibile.
Cos'altro leggeremo, sui manifesti di questa tripla campagna elettorale?

martedì 5 febbraio 2008

UNA "COMMISSIONE ATTALI" PER LA SICILIA

Si fa la guerra sui nomi. A destra e a sinistra. E non dico che non sia giusto. La politica ha le sue sacrosante esigenze. Almeno finché non troviamo un altro modo per gestire la cosa pubblica.
Però.
La Sicilia ha un bilancio regionale ingessato, che per gran parte è destinato alle spese correnti. Ha una Pubblica Amministrazione inefficiente e surdimensionata. Dei servizi pubblici invecchiati e inadeguati al presente: figuriamoci al futuro.
Ora, qualcuno dirà: prima i programmi. No, non genericamente di programmi, occorre occuparsi. Ma di poche cose essenziali.
Serve uno sguardo lucido. Un principio. Una leadership intellettuale.
Partiamo dal fatto che il meglio della politica e delle competenze intellettuali e professionali siciliane - che insieme potrebbero dedicarsi a smontare il Bilancio, a liberare risorse per investimenti, a snellire l'amministrazione, a svecchiare i servizi - si trovano variamente dislocate nei due schieramenti politici e culturali.
Perché non immaginare, allora, sul modello francese, una sorta di "Commissione Attali" per la Sicilia? Senza pregiudizi. Senza etichette.
A Gettone Zero, ovviamente: che lavori per la Comunità, e non per le proprie tasche.
Lavorare per il bene comune, per inciso, è antimafia.
Perché non pensare - anche per Palermo, visto che si sta già trasversalmente ipotizzando per Roma - ad una fase costituente?
Volendo far dell'ironia, si potrebbe dire ricostituente.
Una legislatura che consenta le riforme.
Un passaggio dal vecchio al nuovo.

lunedì 4 febbraio 2008

IL RACCONTO DEL DIETRO

Leggo sul sito di un famoso quotidiano dei consigli per l'acquisto (oggi) di cosette del tutto insignificanti che (domani) certamente varranno molto.
Una profezia!
Leggo anche del tempo che probabilmente durerà il matrimonio (ieri una liaison) tra Nicolàs Sarkozy e Carla Bruni.
Un'altra profezia!
Non leggo più, invece (da tempo), un editoriale, un corsivo, una lettera purchessia, di rimpianto delle capacità profetiche di alcuni nostri intellettuali scomparsi: prima d'ogni altro, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia.
Ricordate il discorso sui capelloni, su Valle Giulia, sul '68? Le polemiche su Moro, sulle BR, sul Pci e sulla Dc, sulla lotta alla mafia?
Ahi, quanto ci mancano, si leggeva, un tempo!
Nella memoria dei giorni scorsi, galleggia solo la citazione distratta, e priva di allegati, di un breve passaggio di un discorso pubblico di Niki Vendola, nel quale, il prossimo probabile candidato a Premier della Cosa Rossa (la Cosa non era una film di fantascienza?), tesseva l'elogio delle capacità profetiche del repubblicano Alberto Arbasino, che in un suo libro del 1980, "Un Paese senza", disegnava (ieri) l'Italia che (domani) sarebbe stata (oggi).
Il fatto, mi dico, è che i giornali servono oramai solo a raccontare quel che sta dietro, e non sanno più raccontare quel che c'è davanti.