domenica 15 luglio 2012

CHE SUCCEDE NELLA CHIESA SICILIANA?

C’era un tempo, non lontano, a Palermo, in cui un arcivescovo s’ingeriva di frequente nelle cose della politica: c’era “una grave congiura – scrisse, in una lettera pastorale, nel 1964 - per disonorare la Sicilia”, e colpevoli ne erano la mafia, il Gattopardo e Danilo Dolci. A Monreale, negli anni Ottanta, un altro arcivescovo, grand'Ufficiale dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, fu implicato in alcune inchieste di mafia e poi prosciolto, condannato in appello per una truffa all’Unione Europea e poi definitivamente assolto, dopo un annullamento della Corte di Cassazione. Nel 1982, a Palermo, celebrando i funerali del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il cardinale Salvatore Pappalardo tuonò contro Cosa nostra e chiese alla politica di salvare Sagunto: Palermo, oramai espugnata. Fu una svolta. Molti parroci scelsero di parlarne con i fedeli, pronunciando una parola a lungo bandita dalle omelie: Mafia! La Primavera di Palermo nacque nelle stanze di un centro studi dei Gesuiti, con padre Ennio Pintacuda e padre Bartolomeo Sorge. Nel 1993, ad Agrigento, il Papa, Giovanni Paolo II, si rivolse ai mafiosi, ordinando loro: “Convertitevi”. Pochi mesi dopo, a Palermo, giunse la risposta di Cosa Nostra: il parroco di Brancaccio, Don Pino Puglisi, presto Beato, fu ucciso a colpi di pistola; aveva provato a sottrarre i ragazzi all’abbraccio mortale dei boss, solo esempio d’ascesa sociale, nelle periferie. Ombre e luci, dunque. Al punto che, nel 1996, un teologo siciliano, padre Francesco Michele Stabile, scrisse: “Perché la Chiesa in Sicilia non ha individuato la mafia non solo come nemico della vita civile, ma soprattutto come un impedimento alla evangelizzazione e alla coerenza di vita della comunità cristiana?”. Nell’ultimo anno, nella Chiesa siciliana sono accadute molte cose. Alcune tra le più rilevanti conducono a Trapani, dove il vescovo è stato rimosso per le conclusioni di un’inchiesta interna disposta dal Vaticano (e condotta dal vescovo di Mazara del Vallo, Monsignor Domenico Mogavero), e un arciprete è indagato dalla Procura locale per la gestione degli immobili della Curia; o ad Acireale, dove un sacerdote ha conversato, non sapendo d’esser registrato, dei suoi rapporti con un uomo al tempo in cui quest’ultimo era minorenne: il sacerdote è stato sospeso dalle sue funzioni e i pm hanno aperto un’indagine. Penso a tutto questo - alla Chiesa e alla Sicilia di ieri e di oggi -, mentre leggo delle cronache romane. Lo Ior di nuovo al centro delle cronache (e nell’inchiesta capitolina confluiscono pure i fatti di Trapani). La defenestrazione del Presidente della Banca Vaticana, Ettore Gotti Tedeschi, collaboratore del Papa nella stesura dell’enciclica “Caritas in Veritate”. Poi, l’arresto del maggiordomo del Santo Padre, che avrebbe trafugato delle lettere riservate e pubblicate in un libro inchiesta. E infine, le rivelazioni sui rapporti tesissimi nella Chiesa tra due ali: quella innovatrice, che fa capo all’attuale Pontefice, e quella conservatrice, legata ai vecchi assetti. Il Papa, Joseph Ratzinger, ex capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio), è un intellettuale: docente a Tubinga negli anni del Concilio, e vicinissimo, in quel tempo, al teologo progressivo Hans Kung. Non certo un uomo di potere. Giunto al sacro soglio, Papa Benedetto XVI aveva lanciato segnali chiari, sin dalla nomina di Padre Federico Lombardi a suo portavoce, seminando autentico entusiasmo nella Chiesa: un enfant prodige, padre Lombardi, giovanissimo provinciale d’Italia dei Gesuiti al tempo della Primavera di Palermo, nominato a soli 42 anni. Benedetto XVI si è proposto di restituire trasparenza alle finanze vaticane e di ridimensionare alcuni poteri cresciuti a dismisura negli ultimi trent’anni. E ha infranto il tabù della pedofilia. Nella lettera ai cattolici irlandesi del 19 marzo 2010, parlando dei sacerdoti colpevoli di abusi sessuali, ha scritto: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti”. Penso che, come me, tanti siano smarriti, disorientati. Chi tiene alla Chiesa, deve sostenere questo Pontefice coraggioso, capace di autentici gesti di rottura: anche in Sicilia. Forse non riuscirà nell’impresa. Ma se fallirà, sarà anche per il nostro silenzio.

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