martedì 18 marzo 2008

FREE TIBET

Stanno lì a pregare che questa protesta del Tibet finisca presto, che i cinesi non facciano troppo male ai monaci, che non se ne parli troppo, in ogni caso.
Sono realisti, imprenditori e politici: quasi tutti.
Ci sono le Olimpiadi, tra un po', a Pechino, e la Cina ha esteso la propria sfera d'influenza in Asia e in Medio Oriente, con ricche forniture, in Africa e in Sudamerica, con investimenti propri, e in Europa, con lauti contratti.
Gli Stati Uniti sanno di questa nuova Guerra Fredda, e ne temono l'aggravarsi. E dunque, non si può proprio pensare ad un muro contro muro diplomatico sui diritti umani e i diritti di sovranità.
Quel che accade in Tibet, d'altra parte, non è troppo diverso da quel che accade nelle periferie e nelle province del grande paese.
Le colonne di carri armati continuano a scorrere verso Lhasa.
I coloni scacciano gli indigeni. Non trovi più un tassista tibetano, nella capitale: sono tutti cinesi.
I comunicati ufficiali del Partito accusano una "cricca" di voler boicottare i Giochi Olimpici - la "cricca"del Dalai Lama, stavolta - a minare l'autorità del PCC, come ieri accusavano la "cricca"della vedova di Mao Tse Tung. C'è sempre un nemico "interno".
Chi parlava di Fine della Storia, dopo il crollo del Muro di Berlino, avrebbe dovuto guardare oltre il proprio naso, e intravvedere in questa barbarie la prosecuzione della storia che abbiamo conosciuto nel Novecento.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gli U.S.A., detentori del copyright sulla democrazia mondiale, non a caso hanno appena depennato la Cina dalla lista dei Paesi cattivi.
L'Italia, recordman mondiale in ipocrisia cattolica, protesta timidamente contro il genocidio tibetano, quando appena pochi mesi fa non ci fu uno straccio di politico di governo che fosse disposto a ricevere, nel sottoscala di un ministero, il Dalai Lama.

House Of Novels ha detto...

Perché prendersela con i Cattolici? Non c'era il Papa a Palazzo Chigi quando Palazzo Chigi si rifiutava di ricevere il Dalai Lama. E non c'era il Papa a Montecitorio o a Palazzo Madama, quando si vietava alle Camere di ascoltare il rappresentante di un popolo spogliato dei suoi diritti e della sua sovranità. Ricordo semmai che fu Papa Giovanni Paolo II ad incontrare il Dalai Lama. Le cose stanno in modo diverso. Ci occupiamo delle democrazie altrui solo per difendere il diritto dei tiranni a non esercitarla, a negarla ai loro concittadini. Di solito, mascheriamo questo menefreghismo parlando di "autodeterminazione".