venerdì 28 marzo 2008

IL FALLIMENTO DI ALITALIA

Provate a richiamare il Call Center di Alitalia. Dopo che un addetto vi ha comunicato lo spostamento di un volo già pagato, ad un orario non concordato, quattro ore dopo il previsto, ciò che avrebbe qualche conseguenza pratica: ad esempio, quella di vanificare le ragioni stesse del tuo volo, quel giorno, in quella città. E magari sono ragioni importanti. Provate a richiamare dopo che avete provato a spiegarglielo, e lui - l'addetto - vi ha "messo in attesa". Ed è caduta la linea. Provate a chiamare il Call Center di Alitalia. Una, due, tre, quattro volte. E ogni volta l'addetto vi "mette in attesa". E cade la linea. Per singolare coincidenza, proprio dopo che avete ricordato che Alitalia non può "avvisarvi" dello spostamento di un volo: può concordare con voi uno spostamento, semmai: perché un biglietto è un contratto, un patto fra due soggetti. Provate a scontrarvi con quel muro di gomma che sono i Call Center: "Noi siamo solo degli intermediari"; "Noi non siamo autorizzati a..."; "Non so cosa dirle..."; "Faccia un reclamo"; "Vada alla Biglietteria Alitalia di Palermo. Dov'è? Ma all'aeroporto. Fuori città. Sì, a trenta chilometri da casa sua, sull'autostrada. Sotto la pioggia. Con il traffico". Provate a farlo, a guastarvi il pranzo, a ipotizzare fantastiche Class Action alla Bersani, rivoluzioni e "Prese della Magliana" (per una vaga assonanza con la Bastiglia), e infine, riaprite i giornali di oggi, laddove si parla del destino di Alitalia, e dell'obbligo morale di soccorrere questa Compagnia in crisi, con i nostri soldi. Sono certo che, al riguardo, la penseremmo allo stesso modo.

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