lunedì 20 ottobre 2008

CONVERSAZIONE CON MASSIMO RUSSO

Su Panorama, che mi ha chiesto, da scrittore, un confronto con Massimo Russo, personaggio simbolo del cambiamento possibile in Sicilia (pm in aspettativa e assessore regionale della Sanità), è stata pubblicata una versione ridotta della nostra conversazione, per giuste ragioni di spazio. Questa è la versione integrale.

Ogni volta che in Sicilia s’annuncia una rivoluzione, subito scattano le contromisure. La più efficace, più della maldicenza, che pure è sempre all’opera, è l’ingiuria: il rivoluzionario è un illuso, un parolaio. Un Capopopolo, un Giuseppe Alesi qualunque, il nostro Masaniello.
Contro Massimo Russo, da pochi mesi assessore siciliano alla Sanità, dopo anni d’antimafia nelle procure di Palermo e Trapani, e contro i suoi tagli di bilancio, protestano i laboratori e gli studi convenzionati, con annunci a pagamento sui giornali, e le cliniche private fanno valere, a colpi di dichiarazioni, il loro peso politico, così ingente da doversi distribuire sull’intero campo politico.
Finora, lui aveva reagito a queste scaramucce diramando circolari, rilasciando interviste, circondandosi di fedelissimi e sostituendo alcuni dirigenti chiave. Semplice guerra di trincea.
Mancava il campo aperto, dove la battaglia infuria e gli eserciti si confondono. E il campo aperto è arrivato.
Nel giorno in cui Massimo Russo consegna al Ministero della Sanità il Piano di rientro dal deficit siciliano, una ventina di deputati del Pdl, architrave della sua maggioranza di governo, di centro destra, presentano un disegno di legge alternativo. All’assessore - dicono - spettano solo i tagli: le riforme le fa il Parlamento regionale. Il punto è che, nel suo Piano, Russo aveva ridisegnato in profondità l’intero sistema sanitario siciliano.
Il Partito Democratico l’attacca, parla di tagli eccessivi, superiori persino alle prescrizioni dell’accordo firmato un anno fa con il governo Prodi e, a sorpresa, in aperta polemica con i democratici, la Cgil lo difende, apprezzando la sua volontà riformatrice.
Il solito guazzabuglio siciliano, insomma.
Incontro Massimo Russo in assessorato. Nella sua stanza.
Ha una stretta di mano energica.
Alto come un ussaro, mocassini ai piedi. I gemelli e i polsini, perfettamente contenuti nella manica, indicano il lavoro accurato di un sarto.
Massimo Russo è impetuoso, allunga il collo all’indietro: nel linguaggio non verbale, significa “non ho paura di te”. Si vede che le domande è abituato a porle, non a riceverle.
Prima di parlare di Sanità, piccolo inciso politico. Parentopoli è il nome affibbiato all’ultimo scandalo siciliano. La figlia di un suo doppio collega, ex magistrato ed ora assessore al Personale, assunta in un ufficio di gabinetto del governo regionale. Ma come? Non lo sapevate d’essere attesi al varco? Il suo collega, Giovanni Ilarda, si fa emulo di Renato Brunetta, tuonando contro i fannulloni dell’amministrazione regionale, e poi inciampa sulla figlia?
“Quell’assunzione era inopportuna. Io avrei evitato. Ma c’è di peggio. Alle ultime politiche, nel Centro sinistra hanno fatto eleggere figlie, mogli e segretarie”.
Che al peggio non ci sia fine, è argomento francamente vecchio, assessore. Da lei, proprio, non me lo sarei mai aspettato.
“No, intendiamoci. E’ stato un errore. Ed io non l’avrei commesso”.
Lei è stato pubblico ministero a Palermo negli anni di Caselli e Grasso. Ha indagato sulle connessioni tra mafia e politica. Ora, però, si trova a ficcar le mani nel ginepraio più intricato della Sicilia, con un deficit annuale di 800 milioni di euro, e in un governo regionale presieduto da un autonomista ex democristiano, Raffaele Lombardo, mentre, da Roma, Renato Brunetta addita le responsabilità delle regioni sprecone: quelle a Statuto Speciale, e dunque, in primo luogo, la Sicilia.
Come farà ad evitare il disastro della Sanità siciliana, evitando gli sgambetti? Se bastassero le parole, avremmo già sconfitto mafia, sperperi e clientele.
“Ho buoni muscoli: per saltare oltre gli sgambetti e anche per andarmene, se capisco che non è aria. Tutti devono dare il proprio contributo. E a proposito di dichiarazioni, ce n’è un’altra, del Ministro Sacconi, che mette la Sicilia in fondo alle regioni d’Italia. Siamo al disastro. Le entrate fiscali della Regione, quest’anno, saranno inferiori al previsto, e dobbiamo assolutamente rispettare i tetti di spesa che ci siamo dati. Possiamo discutere della distribuzione dei fondi, non della loro quantità. Servono meno sprechi e più efficienza. Bisogna diminuire i posti letto e aumentare lungodegenze e riabilitazioni, accorpare Ausl e aziende ospedaliere, creare centri di eccellenza e, infine, nominare manager capaci e slegati dalla politica”.
Lei ha chiesto ai suoi amici, alle persone di cui più si fida, se accettare o no la proposta di Raffaele Lombardo di entrare nel suo governo regionale.
“Quelli che più mi conoscono, mi hanno detto che dovevo accettare. La buona Sanità è un diritto fondamentale da restituire al cittadino. Devo sporcarmi le mani e tener pulito il cuore e il cervello. E il portafogli. Avevo già detto no alla candidatura alla Camera, con gli autonomisti: con questo sistema sarebbe stata una nomina, non un’elezione”.
Quanto dura, qui all’Assessorato?
“Cinque anni”.
Dovrà diventare più politico.
“Lombardo me lo dice sempre: non è che mi diventa politico?”.
Vi date ancora del lei?
“Sempre”.
Fin qui, i politici si sono sgolati con le litanie sul deficit. Ma salvare la Sanità non è un obiettivo puramente economicistico, l’oggetto di una quadratura finanziaria. E’ innanzitutto salvare la vita alla gente.
“Nel mio primo discorso davanti all’Assemblea Regionale ho detto che al centro del sistema dev’esserci la persona umana. Insieme a regole, rigore, risultati e responsabilità: chi non è in grado, o si mette da parte, o dev’esser messo da parte”.
La persona umana? Di che cosa stiamo parlando? Lei sa che a Palermo un malato di cancro deve ottenere 4 diverse autorizzazioni per andare in farmacia a comprare un farmaco che serve a salvargli la vita? Dal reparto ospedaliero, dal medico di famiglia e da due diversi reparti della Ausl! Lo sa che questo farmaco non è considerato salvavita? E che le norme sono così contraddittorie e inadeguate da vietarne la prescrizione, in qualche caso?
Russo s’infervora. Chiama un membro del suo staff che fino a ieri ha guidato il reparto farmacologico dell’Assessorato. Si chiama Lucia Borsellino. Ed è figlia di Paolo Borsellino.
“Ho emesso una nuova circolare”, dice Russo. “Per semplificare le procedure. Da Marsala e da Trapani mi hanno scritto per ringraziarmi. Vuol dire che a Palermo – e qua batte una mano sul tavolo delle riunioni – mi stanno boicottando!”.
Questa circolare, per la verità, parla solo della distribuzione diretta da parte delle farmacie comunali. Così si passerà da una coda a un’altra. Un conto è Marsala. Un conto è una città di un milione di abitanti come Palermo.
“Dobbiamo risparmiare 20 milioni di euro che regalavamo alle case farmaceutiche!”.
Dovreste anche semplificare le cose, per metter davvero al centro il cittadino. Combattere la burocrazia come la mafia. Dar più potere ai 5000 medici di famiglia e pediatri siciliani, sul modello britannico: dar loro più responsabilità, e aumentare i controlli. Chi sbaglia e ruba, va cacciato, o va in galera.
“Non lo conosco, quel sistema. Ma voglio trasformare i medici di famiglia in presidi sanitari di base. E’ solo questione di risorse”.
Pagateli di più, allora! Scaricate i Pronto Soccorso delle funzioni improprie e girate il ricavato ai medici di famiglia: che comprino attrezzature e assumano dei collaboratori.
“E’ la mia intenzione. Dovrebbero anche potenziare il lavoro online, verso i pazienti e verso le farmacie e gli Ospedali. Abbiamo una gran quantità di ricoveri impropri. In Europa, sono solo il trenta per cento dei nostri. Ci si pensa tre volte prima di ricoverare qualcuno”.
E chi li controlla, i nostri Ospedali, i nostri medici?
“Nessuno. La rete dei controlli va ricostruita dalle fondamenta”.
In Sicilia, ci sono quasi duemila convenzionati esterni. I privati. Cliniche, medici specialisti, laboratori d’analisi. Sono stati dipinti come la fonte di tutti i mali. Lei la pensa così?
“Niente affatto. Ma anche loro devono dare il loro contributo al risanamento, adeguando le tariffe, e non scioperare davanti all’assessorato. Potrebbero persino aver più spazio, in un sistema più efficiente”.
La Sanità siciliana ha un problema architettonico, prima che morale: molti ospedali siciliani sono vecchi: andrebbero semplicemente demoliti e ricostruiti. A Palermo, il Civico e il Policlinico, i primi due che mi vengono in mente, sono la negazione di un Ospedale moderno: edifici antiquati su aree vastissime. Per un esame o un consulto, bisogna prender la macchina o l’ambulanza e far qualche chilometro. In generale, poi, i Pronto Soccorso, anziché luogo del primo esame, porta d’ingresso alle diverse specialità, sono appendici inefficienti, lardelle di un corpo morto.
“Dovremmo cederli, questi ospedali, per farne aree edificabili, e chiedere alle imprese di costruirci altrove degli ospedali nuovi di zecca e attrezzati di tutto punto”.
Pensare in grande.
“Per l’appunto”.
Pensiamo in grande, allora. Pensiamo ai medici e agli infermieri. Lei ha appena annunciato che bloccherà tutte le assunzioni. Non capisco. Su quasi cinquantamila dipendenti dell’intero sistema, amministrativi e tecnici sono tredicimila. Non è da lì che bisogna cominciare? E poi, il blocco significa rinunciare ai medici migliori, ai giovani. E’ mai possibile entrare in un Ospedale a 25 anni e uscirne a 65? Niente controlli sull’efficienza, niente formazione continua, niente sanzioni. Perché mai le Aziende sanitarie e ospedaliere non dovrebbero ricorrere ai soli contratti a tempo determinato?
“Non so se possiamo. Meglio i controlli”.
Auguri. Lei è qui da pochi mesi. Può dire di conoscere la situazione?
“Ho trovato grandi difficoltà anche per avere i dati di riferimento, in assessorato. Non sono un esperto. E non voglio diventarlo. Tra le domande che non mi ha fatto…”
Ce ne sono tante, di domande non fatte. Su mafia e antimafia, ad esempio. Bestemmio se le dico che nessun processo accorcerà di un solo minuto una coda di 8 ore dinanzi alla porta chiusa di un Pronto Soccorso, consentirà ad un medico incapace di azzeccare una diagnosi, rifornirà un Ospedale di attrezzature e farmaci?
Una cosa però devo chiedergliela. Devo proprio.
“Dica”.
La sua prima destinazione, prima da giudice e poi da pm, fu Marsala. Dove ha conosciuto una persona speciale. Era il ’91. Un anno prima delle stragi.
“Se le rispondo, diranno subito che io…”.
Lucia Borsellino si scusa. Deve lasciarci. Il ricordo di suo padre la commuove. Massimo Russo riprende dopo qualche istante.
“Dico solo che è come se facessimo parte di un disegno più grande. Ho iniziato con Paolo Borsellino il mio primo lavoro. Ed ora, questo, con sua figlia”.
Paolo Borsellino diceva che chi ha paura muore ogni giorno. Lei ha ricevuto minacce?
“Non ho mollato quando ero pm e processavo i capimafia, si figuri se mollo adesso”.
Si è fatta così stretta, la porta della storia, in Sicilia, che la politica deve camminare a fianco della letteratura: i toni sono esagerati, come i colori della terra. Pochi cambiamenti, e faticosi: ognuno di essi, però, destinato a far parlare per anni.

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