L'Influenza A era stata presentata come la Pandemia del secolo, e l'attendevamo con la serenità d'animo dei milanesi dinanzi alla peste che nei Promessi Sposi bussava alle porte della città.
Abbiamo fatto incetta di antivirali, mentre il governo commissionava alle multinazionali farmaceutiche milioni di dosi di un vaccino da distribuire prima ai medici ed ai poliziotti poi ai soggetti a rischio e infine a tutti coloro che tra un'età ed un'altra avessero deciso di sottoporsi al marchio.
Ma i medici, in gran parte, non si sono sottoposti al quasi obbligo del vaccino, e nulla si sa dei poliziotti, o dei carabinieri.
In Sicilia, con prussiana determinazione, si è ordinato di rivolgersi ai medici di famiglia ed ai pediatri che a loro volta consigliavano o sconsigliavano il marchio, per via della presenza di Squalene nel vaccino e delle eventuali complicanze neurologiche, e nella migliore o peggiore delle ipotesi indirizzavano i pazienti ai centri di vaccinazione: prima pieni come un centro commerciale nel giorno dell'inaugurazione poi desolatamente vuoti come alla presentazione di un libro di un critico letterario che non cito.
L'Influenza A, che da mesi infettava delicatamente la popolazione, si è a questo punto diffusa senza alcun freno inibitorio, e la stessa nozione di rischio è mutata, insieme a quella dei soggetti titolari del rischio medesimo.
La programmazione della vaccinazione, così farseggiando, è scivolata in avanti.
All'inizio di questa costosissima commedia, il picco della malattia era stato annunciato tra novembre e Natale, e i soggetti a rischio - s'era detto, con malcelato disprezzo della logica - sarebbero stati marchiati non prima di gennaio.
Poi, le dosi avanzate hanno abbondantemente superato il previsto, e dunque - a questo punto è solo un si dice senza alcuna conferma ufficiale - tutti quanti potranno richiedere d'esser vaccinati, e in qualsiasi momento essi preferiranno.
L'Influenza A, si è anche scoperto, non fa male: è un taxi che al momento trasporta un passeggero di buon carattere, un taxi veloce, che non bara sul percorso e sul tassametro.
Il virus, però, potrebbe mutare.
In genere, dicono i soliti esperti, le mutazioni abbattono la pericolosità del virus primario. Ma non è detto che una mutazione x non smentisca le statistiche, sicché, un giorno, su quel taxi potrebbe salire un passeggero malintenzionato, e chiedere d'esser condotto ovunque, in un batter d'occhio.
Il bello è che non ce accorgeremmo in tempo. I tamponi e le analisi sugli infetti si fanno solo a campione. E i vaccini avanzati, accumulati a milioni di dosi nei centri di vaccinazione, sarebbero ancor meno utili di quanto non si siano rivelati finora.
E allora, ricapitolando: l'influenza A, così com'è, non fa male; i vaccini sono stati solo un grande spreco di danaro pubblico; se l'influenza A dovesse far male, servirebbero altri vaccini.
Non ci avete capito niente? Vi pare ridicolo, tutto questo?
E' la Sanità, Bellezza.
Ci sarebbe anche da dire dei dirigenti che a più riprese mi hanno detto: "Guardi che se Lei dice così, si crea il panico... Non è sbagliato, ma insomma... Non so che dirle, io rispondo agli ordini... Lei, piuttosto, dovrebbe dire...".
Ci sarebbe da dire che noi giornalisti avremmo dovuto insorgere contro questa commedia.
sabato 12 dicembre 2009
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