sabato 9 maggio 2009
I MORTI BUONI
Ho imparato presto che c'erano morti buoni e meno buoni. Alle medie. A proposito di Peppino Impastato non ricordo nulla. Di Aldo Moro, ricordo invece i telegiornali in bianco e nero, ascoltati in silenzio, nelle stanze buie, come ad una veglia, e un disco flessibile, in allegato all'Espresso comperato da mio padre, con la voce di Mario Moretti che annunciava l'esecuzione di Moro. A scuola, dove entrambe le notizie - di Impastato e di Moro - erano state cancellate, tre settimane dopo ci dissero di alzarci e di pregare, ché un uomo buono era morto. Io pensai che fosse Moro, e mi parve ingiustificabile pregare così tanti giorni dopo i funerali. Mi sbagliavo. Il professore, un sacerdote, ci spiegò affranto che era morto Giuseppe di Cristina, di Riesi. Anni dopo, scoprii che l'uomo ammazzato a Palermo, in via Leonardo Da Vinci, era stato un boss potentissimo, un patriarca. Ci volle molto tempo perché si sapesse che per paura d'essere ammazzato, Di Cristina era diventato un collaboratore di giustizia. Cominciava la guerra di mafia.
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