mercoledì 27 maggio 2009

SU MAURO ROSTAGNO

Nel mio personalissimo tout se tient di sciasciana memoria, dopo la svolta sull'omicidio di Mauro Rostagno - che fu voluto ed eseguito dalla mafia, dopo le inchieste antimafia del giornalista Rostagno: e per dimostrare quest'evidenza, ci son voluti vent'anni! - ho voluto per amor di contraddizione ricominciare a leggere del tempo in cui esplodevano le bombe, e Pinelli moriva, e di quel clima, in cui maturò il delitto Calabresi. Avevo già letto Deaglio, Cazzullo, Feltri, Boatti, e poi, di quegli anni, Segreto di Stato, inchieste e ricostruzioni giornalistiche. Sofri naturalmente, e Ginzburg, e tanto altro ancora. Ho ricominciato, da Sofri: "La Notte in cui Pinelli", pubblicato da Sellerio. E, da qui, rileggerò i libri di Rostagno, a cominciare da una sua autobiografia, del '78. Aveva 36 anni, ed è poco, normalmente, per un'autobiografia. Scriveva, da Trapani, al suo amico Renato Curcio: "Ho scelto di non fare televisione seduto dietro a una scrivania, ma in mezzo alla gente, con un microfono in pugno, mentre i fatti succedono. Sociologicamente si chiama "primato dell'esistenziale sul teorico": e già questo, a Trapani, è profondamente antimafioso. La vera rivoluzione è qui a Trapani".

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