venerdì 14 settembre 2007

L'AMBIENTE LIBERALE


Diciamo che l'espressione prodiana - Un nuovo patto con la natura - sa un po' di sociologia e un po' di concertazione sindacale: di quell'accademia che s'accontenta di frequentar la politica.
Ma il nocciolo della questione è quello: mettere insieme talenti diversi.
Se però la politica d'ogni parte volesse stringer davvero "un nuovo patto con la natura", allora dovrebbe liberare il territorio e le imprese di quei freni che impediscono uno sviluppo compatibile con l'ambiente.
Faccio qualche esempio.
Cosa impedisce alla Sicilia di dar vita a parchi eolici e solari?
Cosa impedisce alla Sicilia di ammodernare la sua rete elettrica, obsoleta e inadeguata all'implementazione di energie rinnovabili?
Cosa impedisce alla Sicilia di riconvertire delle colture agricole oramai fallimentari, e sostenute dal soldo pubblico, in più redditizie colture di mais, utili alla produzione di plastiche bio degradabili? Con tutto l'indotto industriale che si può facilmente immaginare.
L'assenza di un modello di sviluppo condiviso, ovviamente.
Ma c'è dell'altro.
La Sicilia, dal punto di vista economico, al pari del resto d'Italia, è terra di conquista.
A dettar l'agenda degli investimenti, sono i grandi attori economici, che impongono i tempi e le modalità dello sviluppo più convenienti (dal loro punto di vista).
All'analisi delle vocazioni e delle opportunità, si sostituisce una contrattazione legata agli interessi dei singoli.
Il paradosso, solo apparentemente tale, è che lo sviluppo compatibile con l'ambiente necessita oggi più che mai di liberalismo, e non di iperstatalismo.
Servono le liberalizzazioni - anzitutto in materia d'energia -, e la rinuncia ad ogni forma d'assistenza pubblica all'impresa deficitaria: se non mirata alle riconversioni produttive.
Oggi è solo un fatto culturale. Deve diventar politica.

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