venerdì 15 giugno 2007

LA GUERRA DI GAZA


Un giornalista che a Gaza viveva da anni mi aveva messo sull'avviso: "Impossibile intervistare qualcuno di Hamas! Prova con qualcuno dell'ANP. Abu Mazen? Un intellettuale, un dissidente. Non conta nulla". Aveva scelto con chi stare. Con Arafat.
Mi misi subito a cercare un contatto con Hamas.
Quelli dell'ANP avevano appena arrestato due giornalisti della BBC, per averci provato.
Un giornalista di una piccolissima tv di Gaza mi ascoltò e mi disse che ci avrebbe provato. Ma i giorni passavano, e sembrava fosse davvero impossibile.
Un pomeriggio, di punto in bianco, fece segno a me e alla mia troupe di salire in fretta sulla sua auto.
Andammo al centro di Gaza. C'era una manifestazione in corso. Una manifestazione di Hamas. Uomini incappucciati. Armi. Bambini che urlavano slogan. Eravamo in pieno Ramadan.
Un vecchio, ai bordi della strada, attirò l'attenzione di uno degli armati. L'operatore che era con me stava fumando. Proibito, secondo il vecchio, che all'armato stava chiedendo di sparare. Per una sigaretta.
Prima che ce ne rendessimo conto, fummo chiusi in una sorta di falange di uomini e ragazzi. Ci spinsero da un lato. Percorremmo qualche centinaio di metri, senza vedere la strada. La falange si riaprì. Da un cancello, sulla destra, venne fuori un uomo alto, con la barba, intorno ai quarant'anni, vestito all'occidentale. Intorno a lui, una poderosa scorta di Kalashnikov.
Il giornalista di Gaza, buon musulmano, lo salutò ritualmente e fece le presentazioni. L'uomo era Ismail Haniyeh. Un dirigente di Hamas. Nel giro di qualche anno, sarebbe diventato il capo del Movimento, e il Capo del Governo dell'Autorità Palestinese.
Parlammo di Israele - che Haniyeh nemmeno nominava: l'Entità, diceva - e della Pace da raggiungere (a prezzo di un ritiro integrale dell'Entità dalla Palestina); della corruzione dell'ANP, di Al Fatah; dei bisogni della gente, dell'arretratezza di Gaza.
Fu molto gentile.
Gaza era priva di strade, di acqua. Quel giornalista, che ad Hamas era molto vicino, mi aveva raccontato della corruzione politica e amministrativa, delle tangenti, dello spreco del denaro americano ed europeo. E delle sciocche decisioni di Israele: sul lavoro, ad esempio, o sull'acqua da destinare ai territori.
Mi raccontò pure di quella strana forma di volontariato che gli aderenti di Hamas svolgevano: metà a sostegno dei più poveri (mense, insegnamento, ricoveri), metà armato (un esercito, embrione di quell'esercito che oggi controlla Gaza).
Di contraddizioni era pieno anche Israele.
Il capo del governo era allora Benjamin Nethanyau. Yitzhak Rabin era stato ucciso da un estremista religioso. Sere prima di Haniyeh, avevo intervistato dei ragazzini in un bar del centro di Gerusalemme. Uno di loro aveva detto: "Ci ammazzeranno tutti". I suoi amici avevano replicato con argomenti pieni di speranza. Meno di un anno dopo, quel bar esplose insieme ad un kamikaze palestinese.
Il quartiere ortodosso era off limits durante lo shabbath. Lo sfiorammo appena, e ci prendemmo la nostra razione di pietrate. Lapidati.
A Palermo, tornai con la convinzione che vi fosse un intreccio di questioni, per noi quasi incomprensibile. E che quel che avevo visto, potesse degenerare in uno scontro terribile.
Ora che a Gaza è guerra civile, che Ismail Haniyeh è stato destituito da Abu Mazen, ripenso a quei giorni, e a quei ragazzini, visti a Gaza e a Gerusalemme. Sono uomini oramai, pronti a spararsi addosso.

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