
Tempo fa, fui coinvolto in una polemica "inqualificabile" su cosa fosse opportuno narrare della città. Risposi, insieme ad altri, con l'arma che uso di più, l'unica in realtà: l'ironia. Penso però che anche di altro dovremmo occuparci, nei libri: di quella mutazione antropologica metropolitana che comincia ad interessare anche Palermo, dopo aver riguardato le grandi città del mondo. Abbiamo anche noi, a guardar bene, le tribù, che si costituiscono per tentativi di approssimazione, le violenze di strada, che infrangono codici di antica data, i colori di guerra, ovvero l'aspetto esteriore, i linguaggi, i riti quotidiani, nelle grandi are collettive. Palermo comincia a somigliare ad altro dalla sua storia. E questo, piaccia o non piaccia ai polemisti un po' retrò, è "il fatto" di cui dovremmo occuparci. Ciascuno a suo modo.
P.S. E un antropologo che ci spieghi queste tribù, non c'è?
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