mercoledì 23 maggio 2007

CAPACI COME PEARL HARBOUR


Ero a casa dei miei, fuori città. Era un luminoso pomeriggio di quasi estate. La televisione era accesa, come sempre. Un fastidioso sottofondo, un collegamento con il mondo.
Le scritte cominciarono a dettare un rapido crescendo. Esplosione. Bomba. Attentato. Forse. Forse. Forse. Falcone!
Poi, gli aggiustamenti, a pochi secondi l'uno dall'altro, nel corso dell'Edizione Straordinaria del Telegiornale.
Ferita la scorta. Ferito Falcone. Ferita la moglie. Gravi condizioni. Morti!
Bastarono pochi minuti perché la tragedia dispiegasse tutta la sua potenza, oscurando il cielo di Palermo.
Ricordo che tutto cominciò con la morte di Salvo Lima. Si ipotizzò che Cosa nostra avesse detto basta; o che Cosa nostra, al contrario, avesse voglia di dar vita a qualcos'altro, insieme ad altri.
Ricordo che, rapidamente, in quel crescendo del '92, si pensò ad un'ipotesi folle: l'Europa; Maastricht; i cambiamenti politici, e i cambiamenti finanziari; Cosa nostra; Mani Pulite, poi Tangentopoli; il Crollo della Prima Repubblica.
Si pensò, in poche parole, che tutte queste cose potessero esser delle tessere di un solo grande mosaico.
Si pensò agli interessi di alcune grandi potenze, nazionali e multinazionali.
Io pensai che questo pensiero fosse eccessivamente astratto: dietrologico, si diceva fino a qualche anno fa.
Mi par di capire, adesso, che quest'astrattissima opinione - che fu d'improvviso messa nero su bianco da alcuni politici visionari - riemerga con qualche concretezza.
Ora che qualche anno è trascorso, immagino che vi sia una sola reale differenza tra le guerre apertamente dichiarate (come in Colombia, Perù, etc.) e quelle che lasciano al clamore degli eventi (una strage a Palermo anziché un semplice omicidio a Roma), il compito di suggerire la loro esistenza.
Una sola differenza: la posta in gioco.
Le guerre occulte, a differenza di quelle apertamente dichiarate, puntano all'intero piatto.
Capaci fu per l'Italia una sorta di Pearl Harbour.
Chi avrebbe dovuto capire, non capì: dopo Lima e Falcone, infatti, vennero Borsellino e Salvo. A chiudere il cerchio, furono le bombe di Roma, Firenze e Milano.
Fu il massimo della violenza esercitabile contro un'opinione pubblica schiacciata dal dolore, e dalla velocità degli eventi.
La vecchia Italia era crollata, e sulle sue macerie, si stava svolgendo una guerra terribile.

Nessun commento: