lunedì 21 maggio 2007

OGNI VOLTA CHE


scopro un nuovo autore, e me ne innamoro, è una festa. Ho appena finito di leggere "Il Commissario Bordelli", acquistato ieri in economica (con qualche remora: il prezzo tenta e spesso delude). Primo di una serie, dedicata a questo Commissario che mi ricorda il Sarti Antonio di Loriano Macchiavelli (anche lui: il Sommo). Autore, Marco Vichi. Cosa mi resta, di quelle pagine che ora riposano sullo scaffale? (ed è un riposo non eterno, sia chiaro: i libri, infatti, li leggo e li rileggo, li riprendo anche solo per qualche pagina, li sposto, li rimiro: do loro tutto quel che serve per viver bene). Mi resta il travaso di letteratura (che intuisco), la misura della pagina e l'esattezza delle descrizioni (buon tornitore, Vichi), la grana grossa dei personaggi (mai affogarli in un mare di definizioni). Mi piace la malinconia. Non lo cito nemmeno, il Plot: che ce ne sia uno di solida fattura, è scontato. Come un telaio sul quale avvitare una buona carrozzeria. Farò macchina indietro, allora, ripescando gli altri libri di Marco Vichi. Le ultime (mie) scoperte di un certo rilievo tra gli italiani erano state quelle di Eraldo Baldini e, fuori dal Noir, di Maria Attanasio. Leggete, parvulos.

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