mercoledì 16 maggio 2007

DEMOCRAZIA DIRETTA. DOVE?


Quasi quattromila candidati: al Consiglio Comunale, alle Circoscrizioni.
Su una città che conta 700.000 abitanti.
Al netto di lattanti, minorenni e astenuti per vocazione o necessità, un candidato ogni 100 abitanti. E dunque, ogni cittadino di Palermo si sarà ritrovato a scegliere tra un cognato, una suocera, un vicino di casa, un capufficio, un medico curante; avrà scansato ogni allusione al prossimo imbarazzante momento della scelta; avrà elaborato una risposta diplomatica standard per ognuna delle 20 o 30 richieste di voto avanzate direttamente, o ne avrà elaborato più di una; avrà documentato degli impedimenti gravissimi alla partecipazione a pranzi cene feste cocktail comizi elettorali; avrà incrementato sostanziosamente la propria offerta alla campagna per la raccolta differenziata della carta, con fac simile e materiali vari; avrà provato a calcolare quante promesse siano state formulate, per l'ottenimento della sospirata preferenza, e quanto abbiano speso, tanti candidati allo sbaraglio.
E infine, chiedendosi il perché di tante candidature suicide, ogni cittadino di buon senso sarà giunto alla sola possibile conclusione: c'è una relazione inversa, tra il numero di candidature e la quantità di politica sulla quale gli elettori sono chiamati a pronunciarsi.
Più candidati, meno politica.
Con una paradossale conseguenza: che tutti gli azzardi intellettuali sulla degenerazione della politica in immagine, in tecnica della comunicazione, hanno partorito un mostro ancora peggiore: una parodia della democrazia diretta.
Diretta, sì. Ma verso dove?

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